Nel corso dell’ultimo anno la sensazione di rabbia vissuta dalle persone è passata dal 17 al 27 per cento. La speranza e le attese per il futuro sono, invece, in netto calo (meno 11 punti) e scendono dal 39 al 28 per cento. Ma la prima emozione in cui galleggiano gli italiani è l’incertezza
Si scaldano i motori della tensione sociale nel nostro paese. Rabbia e disgusto sono in crescita, mentre l’incertezza troneggia incontrastata. Il 2025 si avvia mostrando un quadro sociale denso di segnali di rischio e di preoccupazione. L’Istat ha appena certificato l’aumento del numero delle famiglie a rischio povertà, con una lievitazione dal 22,8 per cento del 2023 al 23,1 del 2024. Si tratta di famiglie a rischio povertà o in grave deprivazione materiale e sociale oppure a bassa intensità di lavoro. Gli effetti sull’umore elle persone si fanno sentire in modo molto più evidente che nei dati dell’Istat.
Le emozioni del paese
Nel corso dell’ultimo anno la sensazione di rabbia vissuta dalle persone è passata dal 17 al 27 per cento, con un balzo di ben 10 punti percentuali. La dimensione di disgusto ha fatto un salto ancora superiore ed è salita dall’8 al 21 per cento, con una crescita di 13 punti percentuali. La prima emozione in cui galleggiano gli italiani è l’incertezza. Una dimensione emotiva che ha fatto registrare un più 4 per cento rispetto a un anno fa, passando dal 53 al 57 per cento. Se l’incertezza guida lo spettro delle emozioni della maggioranza del paese, la dimensione dell’ansia la insegue da vicino.
Questa emozione è segnalata dal 38 per cento degli italiani, ma il dato sale al 43 per cento tra le donne, al 45 per cento tra i giovani della Generazione Z e al 49 per cento nei ceti popolari. La dimensione ansiogena, nel 2025, ha superato nettamente quella porzione di spinta alla speranza e all’attesa verso il futuro che, fino a poco tempo, fa albergava come seconda emozione del paese. La speranza e le attese per il futuro sono, invece, in netto calo (meno 11 punti) e scendono dal 39 al 28 per cento.
Resta stabile, invece, la dimensione della tristezza (26 per cento), mentre la fiducia diventa un bene sempre più prezioso e raro: frana dal 26 per cento al 18, facendo registrare un calo di 8 punti percentuali. Anche la serenità registra un forte declino, crollando dal 24 per cento al 15, con uno scivolo di 9 punti percentuali. L’aumento di rabbia e disgusto non sono segnali casuali. Rappresentano la manifestazione di un disagio più profondo, fotografano l’ampliarsi della frattura tra aspettative e possibilità concrete di vita.
Non a caso le pulsioni rabbiose nei ceti popolari lievitano dal 27 per cento di media al 39 per cento; nelle regioni del sud d’Italia la rabbia è avvertita dal 31 per cento e tra quanti non hanno una occupazione stabile sale al 32 per cento. La paura passa nei ceti popolari dal 19 di media al 24 per cento, mentre la tristezza dal 26 al 33 per cento. Sempre nei ceti popolari la fiducia crolla dal 18 per cento di media all’11 per cento (nel ceto medio, invece, è al 29 per cento) e la serenità sprofonda dal 15 per cento di media al 9 per cento (nel ceto medio è, invece, al 21 per cento).
In calo anche le attese verso il futuro: nei ceti popolari scivolano dal 28 al 20 per cento, mentre nel ceto medio restano al 35 per cento.
L’erosione delle aspettative
Questi dati descrivono non solo l’accrescersi delle forme di disagio economico e della frattura sociale, ma illustrano l’avanzare di una profonda erosione dell’immaginario sociale, di un progressivo svuotamento delle aspettative future. La faglia sociale innescata dalla crescita delle disuguaglianze di reddito ed opportunità si sta sempre più allargando, coinvolgendo ogni anno nuovi segmenti di popolazione.
L’accumulo di emozioni negative cui stiamo assistendo, pertanto, non è casuale, ma è il risultato di una pressione sistemica, che trasforma l’individuo in un soggetto strutturalmente affaticato, deluso e rabbioso. Nel nostro paese si sta approfondendo il solco della progressiva precarizzazione dell’esistenza. Non siamo di fronte solo alle difficoltà esistenziali legate alle carenze di reddito, ma stiamo assistendo a una trasformazione strutturale dei meccanismi di riproduzione sociale, in cui stanno entrando in crisi gli spazi di speranza e la dimensione della fiducia, mentre l’instabilità è diventata la nuova normalità.
Nota metodologica. Dati osservatorio economico e sociale dell’autore, indagine Cawi su piattaforma Ipsos digital su un campione di 800 italiani maggiorenni realizzato inizia marzo 2025.
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